Una delle “stranezze” più vistose e sicuramente più rappresentative della cucina lomellina sono le rane. Fritte, in umido, con la polenta, nel risotto… Il consumo di rane in Lomellina affonda le sue radici nella vocazione risicola del territorio: la risaia è uno degli habitat più adatti alla proliferazione della rana, grazie all’abbondanza di acqua, la quale favorisce anche la proliferazione di zanzare e altri insetti di cui le rane sono ghiotte. Per secoli i contadini di Lomellina hanno vissuto circondati da una moltitudine di questi piccoli anfibi, che nella condizione generale di grande povertà delle masse contadine costituiva pur sempre un elemento integrativo ad una dieta piuttosto povera, fatta principalmente di polenta, riso, legumi e poca carne suina nel periodo invernale (il maiale veniva macellato solo una volta l’anno, in inverno, perciò il suo apporto alla dieta contadina era limitato ad un periodo molto breve), pochi avicoli, prodotti dell’orto e talvolta del pesce d’acqua dolce in estate (allora era in uso allevare carpe all’interno della risaia). La rana forniva un elemento di varietà alla dieta estiva ed era facilmente reperibile con poco sforzo; uno dei metodi più comuni per pescare le rane consiste nel prendere a mano un ranino molto piccolo e legarlo ad un filo, per poi farlo saltellare per simularne il movimento, così da attrarre la rana più grossa che tenterà di inghiottirlo facendosi così catturare. Come spesso accade nella cucina tradizionale italiana, la povertà del passato, unita all’umile sapienza della classe popolare, ci ha tramandato squisitezze che ancora oggi stuzzicano il nostro palato e la nostra curiosità…
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In foto: un piatto di Cosce di Rana fritte con zucchine e Cipolle Rosse di Breme