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Un po’ di storia

Un po’ di storia della Ca’ di Ratt…

Il nome del locale nasce da un gioco di parole creato attorno al cognome di Francesco Ratti, più volte sindaco di Gravellona e allora medico di base, che acquistò l’edificio a cavallo fra gli anni 80 e 90 del ‘900, curandone un importante opera di restauro conservativo. Fu così che, con un po’ di dialetto lombardo, da “casa di Ratti” si è ottenuto “Ca’ di Ratt” ( tradotto “la casa dei topi”), da qui la scelta di inserire dei topolini nel logo della Ca’ di Ratt.

La storia dell’edificio (forse il più antico di Gravellona Lomellina) è in gran parte oscura e si perde nei secoli. La parte più antica è certamente il salone centrale, che i tre archi di mattoni collocano nel Medioevo. Da qui, viste le ragguardevoli dimensioni della pianta quadrata e la presenza di ben quattro arcate d’ingresso su quattro lati, si presume che il nucleo originario della Ca’ di Ratt (forse base di una torre) facesse parte del complesso del castello di Gravellona Lomellina. La presenza di tale complesso fortificato è attestata sin dal X secolo. All’epoca il borgo incastellato era munito di una basilica e dipendeva dall’autorità del vescovo di Novara. A quel tempo il piccolo insediamento di Gravellona si trovava al centro delle contese fra Novara, Pavia e Milano. Furono infine proprio i Visconti di Milano a decretarne la totale distruzione non più tardi del 1361. Di questo antico edificio fortificato rimasero soltanto alcune parti perimetrali (fra cui l’attuale Ca’ di Ratt) ed il nome di un rione cittadino, ancora oggi noto come “Rione Castello”. Dell’argomento si è occupato in anni recenti anche Simone Tabarini, storico locale e creatore del blog “Storie di Lomellina”, popolare piattaforma di divulgazione via social della storia e delle tradizioni della Lomellina.

Tornando alla Ca’ di Ratt…. Le due ali laterali sono più recenti del salone centrale: la sala rialzata pare antecedente al 1700, mentre la sala più piccola, con il soffitto basso, è successiva al 1800; completava infine l’edificio un corpo di fabbrica aperto su di un lato, verosimilmente un fienile, ancora esistente ma non più parte della medesima proprietà. Dalla fine dell’800 alla prima metà del ‘900, la Ca’ di Ratt è stata un frantoio dove si produceva olio, presumibilmente di colza ed un magazzino ove si invecchiava il vino (le due botti all’ingresso avevano appunto questa funzione). Erano presenti anche delle mangiatoie, poiché l’edificio aveva anche funzione di “treno”, ossia di stazione di cambio dei cavalli da posta. Al centro del salone centrale (un tempo collocato oltre un metro sotto il livello stradale) era imperniato un grande torchio, mosso da una bestia da soma, dedicato all’estrazione dell’olio di colza. Come si accennava prima, solo negli anni ’90 l’edificio, da tempo abbandonato, fu restaurato e reso agibile.

Un po’ di storia (contemporanea) di Gravellona Lomellina, Paese d’Arte, Natura e Fantasia…

Nel 1800 Gravellona era un tranquillo paesino come tutti gli altri nelle vicinanze. L’agricoltura occupava gran parte della popolazione. A fare la parte del leone era in particolare la risicoltura, che richiamava anche folte maestranza stagionali provenienti da altri territori (le famose mondine, provenienti in gran parte da Veneto, Emilia, Piemonte e zone montane della Lombardia), anche se non mancavano attività di allevamento (bovino, suino, oche, polli) e qualche raro piccolo vigneto. Vi era persino un caseificio fondato da imprenditori olandesi, che sfruttava l’acqua fredda delle sorgive per controllare la temperatura interna delle sale di stagionatura. Le numerose sorgive, piccoli torrenti e in particolare il Canale Quintino Sella, diramazione del Canale Cavour, garantivano a fine ottocento una straordinaria sovrabbondanza d’acqua da impiegare in agricoltura.

Gravellona Lomellina attraversò tutto il turbolento ‘900 cambiando molto poco; i trattori sostituirono braccianti e mondine, le grandi cascine si spopolarono, la popolazione diminuì molto (come in tutto il resto della campagna Lomellina) attratta dalle vicine città industriali (Vigevano in primis ma anche la grande Milano). Cosicché a inizio anni 90 del Novecento, il paese si presentava come un sonnolento e spopolato borgo di campagna, con impianto urbanistico prevalentemente ottocentesco, non degradato dall’urbanizzazione e industrializzazione selvaggia del boom economico. Fu allora che il medico di base Francesco Ratti, milanese di nascita ma da anni residente a Gravellona, da poco eletto sindaco, ebbe la geniale intuizione di “giocare” ad abbellire il paese con piccoli tocchi d’arte. All’inizio lo scopo era semplicemente rendere Gravellona più gradevole per i suoi abitanti ma ben presto questo sogno fatto di natura, arte e fantasia, esplose in tutta la sua travolgente carica innovativa. Con l’aiuto di numerosi artisti, volontari e validi collaboratori, il sindaco Ratti tramutò anno dopo anno il volto di Gravellona. Creò la Festa dell’Arte, ponte tra una sagra popolare ed una rassegna artistica, che ogni anno arricchiva il paese di nuove installazioni permanenti. A partire dal 1993 fu poi pensato, progettato e realizzato il grande Parco dei Tre Laghi, inaugurato nel 2006: una vasta area verde, grande quasi quanto l’intero abitato, arricchita da tre laghi, colline, corsi d’acqua, boschi, una palude, parchi giochi e aree attrezzate per pic-nic. Nel 2012 partì poi il progetto “Art’è: Gravellona Lomellina Galleria d’Arte a cielo aperto” che portò la pittura dei maestri dell’Ottocento italiano fra la case e le vie del paese, sui muri di edifici pubblici e privati, con grandi riproduzioni dei dipinti originali. Come tanti narratori d’eccezione, Segantini, Fattori, Silvestro Lega, Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, Pellizza da Volpedo e molti altri furono chiamati a raccontare il passato signorile e contadino di Gravellona attraverso opere dedicate, da un lato, al lavoro e alle attività contadine e dall’altro, agli svaghi e agli agi della classe nobiliare e alto borghese. Questo progetto prosegue ancora oggi e al momento ha donato a Gravellona oltre cento riproduzioni, chissà quante altre ne arriveranno!

DSC00327 Sala a dall'alto

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